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Lavoro, i robot aiutano l’occupazione? 20 milioni di automi ‘assunti’ nel mondo

di Redazione Economia

Lavoro, i robot aiutano l'occupazione? 20 milioni di automi ‘assunti' nel mondo

I robot sono i migliori amici dell’uomo: aiutano nei lavori più pesanti o delicati e, a sorpresa, non distruggono posti di lavoro `umani´, anzi li aumentano e li migliorano. Sono circa 20 milioni i robot sparsi sul pianeta, e di questi oltre 3 milioni lavorano nelle fabbriche, secondo l’International Federation of Robotics, un’associazione industriale mondiale. Altri milioni di robot spostano le merci nei magazzini, puliscono le case, falciano i prati e aiutano i chirurghi a condurre le operazioni.E a sorpresa si scopre che nei Paesi più `robotizzati´ il lavoro non diminuisce. Anzi aumenta.

A fare il punto è un’analisi contenuta nell’ultimo magazine sull’innovazione di Ipsoa dell’esperto di comunicazione Stefano Latini, analisi nella quale si fa il punto sul rapporto tra le `macchine´ e il lavoro. «I robot - spiega Latini - saranno dirompenti nel loro affermarsi ma estremamente vantaggiosi per i mercati del lavoro. Un esempio per tutte le economie: il Giappone e la Corea del Sud hanno la più alta penetrazione di robot, milioni, ma al contempo la forza lavoro è altrettanto elevata. In particolare, uno studio della Yale University che ha esaminato la produzione giapponese tra il 1978 e il 2017 ha rilevato che un aumento di un’unità robotica ogni 1.000 lavoratori ha aumentato l’occupazione di un’azienda del 2,2%. E ancora, una ricerca della Bank of Korea ha rilevato che la robotizzazione ha spostato i posti di lavoro dalla produzione ad altri settori, ma che non vi è stata alcuna diminuzione dei posti di lavoro complessivi, semmai un arricchimento del capitale lavoro umano».

Naturalmente, «la marcia dei robot porterà grandi cambiamenti nei luoghi di lavoro. Anche le competenze e le aziende premiate cambieranno. Ma questo non deve essere il disastro che molti temono. Un presunto esempio di `cattiva automazione´ sono le casse self-service nei supermercati, perché sostituiscono i lavoratori umani. Ma questo non è certo distopico: i robot potrebbero svolgere lavori, come la macellazione, che sono spiacevoli o stigmatizzati. E il personale alla cassa che si riqualifica per aiutare i clienti a prelevare gli articoli dai corridoi potrebbe scoprire che trattare con persone `richiedenti´ è più gratificante che passare tutto il giorno a scorrere codici a barre davanti ai laser».

E nelle fabbriche? «Lo stesso cambiamento. Minore esposizione a rischi e a usura fisica e una ricollocazione al controllo, alla gestione computerizzata e tramite IA di decine di robot che si muovono coordinati dal personale in un ambiente non certo a misura di individuo». Ma la sfida maggiore è quella di realizzare `robot a misura´ delle persone: «I robot che lavorano con le persone richiedono un addestramento speciale. E c’è ancora molta strada da fare. La maggior parte dei robot, infatti, esegue compiti ben definiti, mentre quelli mobili utilizzano i loro sensori per evitare di urtare le persone. I robot devono iniziare a vederci, a noi umani, come qualcosa di più di un semplice ostacolo da aggirare. Devono lavorare con noi e mostrare di essere capaci di anticipare ciò di cui abbiamo bisogno. Per far questo c’è ancora da studiare ed elaborare».

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